venerdì 20 gennaio 2012

sarebbe capitato anche in ospedale

Vi racconto come è nata la mia Miryam a casa.

Il 27 luglio, data presunta, viene Barbara, la mia ostetrica, a visitarmi e mi trova già una dilatazione di due centimetri. Io non vedo l'ora che succeda qualcosa perché fa caldo e comincio a essere stanca.

Infatti la mattina dopo verso le sette e mezza sento un liquido che mi scende e faccio appena in tempo a prendere un asciugamano che tenevo a portata di mano e a correre in bagno che perdo le famose acque come le cascate del niagara. Questo continua per tutta la mattina. Ma sono tranquilla e mi metto in cortile sulla sdraio ad aspettare. Mangio poco a pranzo perché non mi va e poi torno paziente ad aspettare.
Sono calma ed emozionata.

Alle quattro ecco che cominciano le contrazioni che verso le cinque diventano abbastanza forti. Chiamo Barbara, parliamo un momento e lei mi dice di richiamarla dopo due ore.

Alle sette le contrazioni sono fortissime. Non riesco a cronometrarle perché sono
irregolari, tre di fila da lasciare senza fiato e poi una pausa di qualche minuto.

Durante la contrazione vocalizzo come mi ha insegnato l'ostetrica Linda al corso preparto e mi aggrappo a Federico, il mio compagno. Nella pausa lo aiuto a sistemare le ultime cose nella nostra camera.

Mettiamo il nylon sul letto e per terra e sopra al nylon un lenzuolo vecchio.
A portata di mano ci sono tutte le altre cose che Barbara ci aveva detto di preparare: una lampada, uno specchio, stracci di flanella, ecc.

Alle sette le contrazioni sono violente e io non ce la faccio più.
Chiamo Barbara e le chiedo di venire a visitarmi. Lei sul momento mi dice che per una primipara di solito ci vogliono più ore ma accetta di venire a vedere a che punto siamo.

Arriva e mi visita. Dice che si ferma con noi: la dilatazione è quasi completa e quindi manca poco. Mentre prepara le sue cose chiama Linda, che farà da seconda ostetrica.

Intanto io mi spoglio e rimango in maglietta mentre vocalizzo durante le contrazioni che fanno talmente male da mandarmi in un altro mondo. Poi Barbara mi dice di accovacciarmi e continuare il travaglio così.

Federico si siede sul letto e io mi accuccio tra le sue gambe. Mi tiene sotto le ascelle e io gli afferro le mani (gliele ho distrutte, poveretto).

Verso le otto comincio a spingere e lì veramente mi pare che non finisca mai.

Mi dicono che si vede la testa e di guardare nello specchio, ma mi fa impressione.

Mi incoraggiano dicendo che vado bene e che manca poco.

Continuo a spingere e sento che brucia, ho paura che non uscirà mai e gli urlo che me la tirino fuori! Poi mi faccio coraggio e mi dico che devo farla nascere questa figlia e così do una bella spinta forte, il bruciore è grande ma esce la testa e con un'altra spinta il corpo. Sono le nove di sera.

I piedi non mi reggono più, sono tutti informicolati e anche le braccia, per via della posizione. Ma il dolore è scomparso e quando prendo in braccio la mia piccola Miryam mi sembra di sognare. Mi tolgo la maglietta e me la tengo pelle a pelle. Lei mi guarda e fa appena un piantino. Si attacca quasi subito al seno.

Barbara mi mostra il cordone e mi dice di toccarlo, di sentire come pulsa, ma io non sento nulla, non ho sensibilità.

Poi arriva un'altra contrazione ed espello la placenta.

L'ostetrica me la mostra, ma io da lì in poi non ricordo quasi più niente.

Con la placenta esce anche un mare di sangue e il mio bel parto è rovinato da questo terribile imprevisto.

Barbara comincia a suturare la lacerazione che mi sono procurata ma i miei tessuti non tengono i punti e quindi comincio a sanguinare anche da lì.

Mi fanno un'iniezione e finalmente l'emorragia si blocca. Intanto Linda mi massaggia l'utero perché non rimane contratto.

Ho perso almeno un litro e mezzo di sangue, sono bianca come il muro e a volte perdo i sensi. Mi ricordo che mi chiamano per nome e mi danno da bere acqua e un beverone con mandorle frullate e miele.

Mi mettono a letto e mentre Linda continua a massaggiarmi e a farmi bere acqua, Barbara controlla la bambina e la lava e la veste con l'aiuto di Federico.
Durante la notte vivo momenti di panico perché mi sento male ma Federico mi sta sempre accanto massaggiandomi l'utero e somministrandomi le gocce che Barbara ci ha lasciato.

Alle cinque di mattina chiamiamo mia madre che corre ad aiutarci e che si alternerà a mia suocera per i prossimi quindici giorni finché sono costretta a letto.

Adesso sto bene, la paura è passata e la mia bambina, la mia dolce Miryam è il mio sogno fatto realtà, la realizzazione della mia vita.

Ho pensato a cosa sarebbe successo se fossi andata in ospedale, ho chiesto alle ostetriche e loro sono convinte che per fermare l'emorragia mi avrebbero tolto l'utero, non sarebbero certo rimasti un'ora e mezza a massaggiarmi come invece hanno fatto loro. Il parto in sé è stato perfetto, l'emorragia sarebbe capitata anche in ospedale.

Rimango convinta di aver fatto bene a partorire a casa, nell'intimità della mia camera come desideravo. Certo il dopo non lo auguro a nessuno e forse la prossima volta farò una scelta diversa. Chissà.

Selene e Miryam 54 gg (post originale)

4 commenti:

  1. Bah... mi pare veramente improbabile quello che sostengono le ostetriche. Forse cinquant'anni fa si toglieva l'utero per le emorragie, e mi sembra veramente da irresponsabili pensare che un'emorragia in casa sia trattata meglio che in ospedale. Più in generale, sempre nel rispetto delle scelte delle persone, condivido sempre di meno il parto in casa, e da quando ho letto questo ci sto riflettendo in modo diverso. Sostanzialmente l'autrice dice che il parto in casa è una forma di narcisismo della madre, che si mette al centro della scena, anteponendo le proprie esigenze agli interessi del proprio bambino. Che ne pensate?

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    1. Se avessi provato un 'esperienza in ospedale in cui dopo il travaglio con peridurale dai 4 ai 10 cm ti volessero fare l'ossitocina senza nessuna copertura dal dolore, se ti avessero detto che evidentemente non eri pronta a diventare madre perché non eri pronta a soffrire per tuo figlio, se ti avessero chiesto perché non avevi programmato un cesareo, se ti avessero fatto una ventosa in anestesia generale per sbarazzarsi di te senza prendere in carico invece la tua storia, se al risveglio avessi sentito tutti i loro commenti senza la forza di dirgliene quattro perché proprio non avevano capito nulla del tuo vissuto condizionato da una madre con altrettante esperienze devastanti, se questa scelta dell'anestesia generale fosse pesata su tuo marito e ti avesse condizionato il matrimonio per anni, se avessi dovuto aspettare 7 anni per riuscire ad elaborare la violenza subita, forse il parto a casa, nella sua privacy e nel suo silenzio, non ti sembrerebbe un'idiozia, né una forma di egoismo e di narcisismo.
      Perché spesso le donne subiscono al momento di diventare madre una tale violenza fisica e verbale da lasciare conseguenze devastanti.
      E adesso che sono di nuovo incinta non riesco a vivere la mia nuova maternità con serenità per il malessere che mi dà l'ingresso in un reparto di ostetricia e in un sala parto.
      Sto valutando seriamente un travaglio a casa e/o il parto perché se ho risorse ancora dentro di me, difficilmente le troverò all'interno di un ambiente sanitario che non ha tempo e spazio per accogliere vissuti come il mio.

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  2. Ciao Matrioska, grazie del commento. Sarebbe interessante sentire pareri di ginecologi e ostetriche al riguardo: qui nel blog abbiamo raccolto il racconto di Mafalda che ha avuto un'emorragia importante, trattata con quattro trasfusioni tanto che non sapevano se avrebbe superato la notte, eppure non ha subito isterectomia (http://ilmioparto.blogspot.com/2011/10/ho-avuto-il-parto-che-sognavo-e-ci-sono.html).

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  3. Sul parto in casa, devo dire che nemmeno io condivido la scelta anche se cerco di capire perché viene fatta.
    Una cosa che ho appena scoperto grazie al libro di Marzia Bisognin "Volevo fare la Fulgeri", è che il parto in casa è stato per almeno un periodo parte di un movimento d'opinione femminista, insomma diventava un atto politico per riappropriarsi del proprio corpo rispetto al dominio maschile.
    Non so se le donne che lo scelgono oggi lo fanno come atto politico, non credo. Ma da un lato vedo il rifiuto dell'ospedale in quanto percepito come luogo di medicalizzazione invasiva e inappropriata che causa dei danni prima ancora che risolverli (i famosi "danni iatrogeni"), dall'altro l'idea che non c'è un luogo che ti faccia sentire più al sicuro di casa tua.
    Sul primo aspetto c'è ampio dibattito fra gli specialisti sull'uso di routine di alcune manovre o dell'ossitocina come cause di danni iatrogeni, penso che una sensibilizzazione su questo punto sia sacrosanta.
    Per il secondo aspetto invece, so che Lutlia non sarà molto d'accordo ;) ma lo leggo come una sottovalutazione dei rischi sia ostetrici che ambientali. Alcuni rischi ostetrici sono imprevedibili e richiedono un'installazione rapida della sala operatoria. Inoltre, generalmente si dice che una donna sana può partorire in casa, ma poco si va a vedere ad esempio dove è collocata la casa. Ho in mente il caso recente di una giovane donna che ha perso la vita in Inghilterra sempre per una brutta emorragia dopo un parto in casa: i sanitari sono arrivati a portarla via in barella, ma una delle concause della morte è stato che la casa era strutturata in modo che hanno perso moltissimo tempo per caricarla in ambulanza (http://www.dailymail.co.uk/news/article-566323/Young-mother-bled-death-home-birth-hospital-staff-didnt-know-complications.html

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