domenica 29 maggio 2016

ho partorito in India

Sono arrivata a Bangalore nell’aprile del 2013 per via del lavoro di mio marito. In precedenza lui aveva lavorato al Cairo, ma io ero rimasta in Italia, dove avevo un lavoro che mi appagava. Essendo però Bangalore molto più distante del Cairo, ho deciso di fare le valigie e installarmi qui con lui. Il primo anno l’ho dedicato a godermi le cose belle che la vita d’expat ci regala: scoprire il posto e la nuova cultura, tessere amicizie, viaggiare. Il secondo anno è stato quello della gravidanza. E il terzo, quello con Eugenio, nato a Bangalore con parto cesareo.
Devo dire che ho avuto modo di apprezzare gli aspetti positivi della sanità privata di Bangalore nell’ultimo periodo della mia gravidanza, quando una placenta bassa mi ha costretto a un paio di settimane in ospedale. Ero già molto contenta del rapporto con la mia dottoressa. Scegliere un medico qui non è difficile. Ce ne sono molti che studiano e cominciano la loro pratica negli Stati Uniti o in Inghilterra, e poi tornano qui e lavorano in cliniche private, assicurandone ottimi standard. Quello che si riceve è dunque una fusione tra la professionalità occidentale, quindi con pratiche mediche moderne e di tutta fiducia (ho anche scoperto che esiste un protocollo internazionale di procedure per le gravidanze e i parti), e la mentalità indiana nella cura del paziente. Fin dall’inizio mi sono sentita presa in carico e seguita con molta attenzione e affetto dalla mia dottoressa, che da subito mi ha fatto capire che quello che le stava a cuore era la mia tranquillità.
Quest’attenzione estrema verso il paziente l’ho sperimentata in ospedale prima del parto. Ero stata ricoverata a causa di alcune perdite e nelle due settimane di permanenza, ero continuamente visitata, incoraggiata, seguita. Ogni dieci minuti qualcuno entrava nella mia stanza per propormi uno snack, il quotidiano, un controllo della pressione o soltanto per vedere se stavo bene o se avevo bisogno di qualcosa… Non è solo il concetto privacy ad essere diverso, è proprio l’approccio al paziente che ha questo ingrediente di calore umano, vicinanza e incoraggiamento. Ad esempio qui ho sempre avuto la sensazione che mi spiegassero per bene tutto quello che dovevo sapere. Mentre magari i medici italiani, forse anche per eccesso di professionalità, a volte parlano un linguaggio “medichese”, che lascia delle zone d’ombra nelle loro spiegazioni, qui si prendono il tempo per spiegare tutto con semplicità e chiarezza , con il risultato che ci si sente rilassate e a proprio agio con il decorso della gravidanza (o della malattia).
Il mio è stato un cesareo programmato, ed è andato tutto bene. Avevo una stanza singola con bagno, e il bebè in camera con me (qui non si usa il nido salvo che per la terapia intensiva e anche il primo bagnetto si fa in camera con la mamma, mentre infermiere e neonatologo spiegano come fare). Anche lì c’era un continuo carosello di infermiere che entravano per vedere se andava tutto bene, ma questa umanità è sicuramente un plus, soprattutto in momenti in cui si è vulnerabili e lontane chilometri e chilometri dalla famiglia, dagli amici, dalla propria rete di supporto. Le infermiere che mi hanno assistita alla nascita mi facevano sentire come se fossi parte della loro famiglia e tutt’ora, ogni volta che vado alla clinica per una visita pediatrica, guai se non salgo al reparto neonatale a far veder loro i progressi nella crescita di Eugenio!
 Mi sono dunque trovata molto bene, sia durante tutta la gravidanza, che al momento del parto e subito dopo (dopo 48 ore si va a casa ma con una terapia del dolore da seguire che non mi ha mai fatto sentire alcun male dovuto al taglio) . Nonostante la tariffa davvero modesta (circa 100 euro al giorno per una stanza singola con bagno, appunto), il servizio e la struttura sono impeccabili.
Certo, ci sono delle differenze con i nostri sistemi, naturalmente. Ad esempio il piano vaccinale indiano è molto più complesso di quello italiano: nei primi sei mesi di vita del bebè, somministra i vaccini che in Italia sono spalmati sui primi due anni.
Stare a contatto con gli indiani dopo il parto permette anche di venire a conoscenza di una serie di usanze culturali che caratterizzano questo momento della vita. Ad esempio, i bebè vengono fasciati, non stretti stretti come poteva accadere quando erano infanti i nostri nonni, ma vengono comunque avvolti con fermezza in un panno di cotone che li tiene raccolti e ricorda loro il grembo materno.
E in effetti, questa pratica che a noi può sembrare antiquata, si è dimostrata ottima per calmare il bambino nei momenti del pianto. Poi ci sono le raccomandazioni popolari delle vicine di casa o della maid, che non ho seguito, ovviamente: non lavarsi i capelli per quaranta giorni dopo il parto (la madre deve stare assolutamente attenta a non compromettere il suo stato di salute, quindi avere i capelli umidi potrebbe esporla a raffreddori) o tenere la bambagia nelle orecchie, in modo da proteggerle da correnti d’aria. Ci sono poi una serie di cibi che vengono preparati e offerti apposta alla puerpera per mantenerla in forze e in salute. Tra questi una ricetta a base di ghee (burro chiarificato), che è una bomba di calorie e che la nostra mentalità occidentale, impegnata da subito dopo il parto a buttar giù chili, rifuggirebbe come la peste. I medici cercano di spiegare l’inutilità o la dannosità di queste pratiche …ma spesso invano!
Altra usanza molto diffusa, anche nei ceti sociali abbienti, è quella di mandare le donne che hanno appena partorito a vivere dai suoceri, che sono una presenza altamente ingombrante nel matrimonio. Mi è stato addirittura raccontato di un caso in cui una poveretta in travaglio ha dovuto aspettare l’autorizzazione dei suoceri per avere l’epidurale!
La clinica dove ho partorito è il Columbia Asia Hospital presente in Malesia, India, Indonesia e Vietnam, e la mia ginecologa chirurgo è la dottoressa Jyothi V. Shenoy, che resterà sempre impressa positivamente nella mia memoria come parte di questa avventura speciale che è stata avere un bimbo MADE IN INDIA.

Silvia
Bangalore, India
Maggio 2016(post originale)